Devo essere onesto: la metafora estrema che è richiamata nel titolo e attorno a cui si dipana questo articolo mi è stata suggerita dall’ultima puntata di Atlantide, la trasmissione di Andrea Purgatori, dedicata alla Berlino del 1922 e all’ascesa al potere di Adolf Hitler. Se c’è una categoria che non sopporto al mondo sono i mitomani. E ancora di più, chi evita la citazione della fonte come fosse una moderna peste.
Ma, al netto di quel cerchietto, chi avrebbe riconosciuto l’allora pittore (di incerte speranze) austriaco fra la folla? E, soprattutto, anche facendolo, chi vi avrebbe intravisto l’incarnazione stessa del rischio - avveratosi e divenuto tragedia - che ha segnato l’intero secolo scorso? Era solo uno dei tanti esagitati in piazza, mossi da un tiepido impeto nazionalista destinato a infiammarsi alla notizia della presenza di fotografi per immortalare la scena. Eppure, era lì. Ed era lui, almeno fino a prova contraria. [...]
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