La partita europea per la riforma del Patto di Stabilità e Crescita (PSC), cioè quell’insieme di direttive e regolamenti che fanno l’insieme delle regole di bilancio europee che spesso sono state bollate – non troppo a torto – come foriere di austerità, sembra sempre più in salita.
Una riforma radicale del patto di stabilità appariva più che fattibile solo un paio di anni fa, durante gli anni della pandemia, quando la sospensione degli effetti sanzionatori del Patto (e non la sua sospensione in toto come hanno scritto in molti) aveva permesso agli stati europei di utilizzare ampi margini di bilancio per sostenere l’economia e quindi di uscire dalla recessione molto prima e molto meglio rispetto alla crisi del 2011. Basti pensare che l’economia nel nostro paese ha raggiunto e superato il livello di Prodotto Interno Lordo pre-covid del 2019 ma non ancora, unico in tutta l’eurozona assieme alla Grecia, quello del 2007. Sintomo della dannosità di quella legislazione che coi cosiddetti Six Pack e Two Pack nel 2011 inasprirono ancora il Patto di Stabilità e Crescita in senso pro-ciclico e che aprirono le porte ad una stagnazione dell’economia pluriannuale. [...]
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