E qui si pongono le basi per il cosiddetto “post Washington Consensus”, Consensus che come ovvio visti i presupposti non può essere raggiunto semplicemente all’interno dei confini di Washington. Lo sviluppo di una strategia di sviluppo di successo dovrà coinvolgere i paesi in via di sviluppo in modo importante e significativo. È stato infatti dimostrato che politiche uguali per tutti sono destinate al fallimento. Le politiche che funzionano in un paese potrebbero non funzionare in altri. Il contrasto tra il successo delle economie dell’Asia orientale, che non hanno seguito il Washington Consensus, e quelle che lo hanno fatto è diventato sempre più evidente. Tuttavia, rimane la domanda: fino a che punto le politiche che hanno funzionato così bene nell’Asia orientale possono essere trasferite ad altri paesi? Inoltre è ormai dimostrato che ci sono alcune aree in cui la scienza economica non ha ancora fornito prove sufficienti, una teoria sufficientemente forte o prove empiriche, per portare a un ampio consenso su ciò che i paesi dovrebbero fare. Potrebbe esistere un ampio consenso contro il "protezionismo eccessivo" che serve solo gli interessi di interessi particolari, ma non vi è consenso sul fatto che una rapida liberalizzazione, specialmente in un paese con un’elevata disoccupazione, porterà a una più rapida crescita economica.
Ebbene, i teorici del post Washington Consensus giunsero a dire che anche se potrebbe non essere possibile formulare prescrizioni semplici applicabili a tutti i paesi, potrebbero esserci ancora alcuni principi e una serie di strumenti da adattare alle circostanze di ciascun paese: in primo luogo, cosa può fare ciascun paese, da solo, per promuovere uno sviluppo sostenibile, stabile, equo e democratico? Secondo il post Washington Consensus, quando i paesi in via di sviluppo si avvicinano a questo problema, devono prendere il mondo così com’è, con le disuguaglianze nel sistema commerciale globale e le instabilità nel sistema finanziario globale. Ma questo ci porta alla seconda domanda: come dovrebbe essere cambiata l’architettura economica globale, per rendere l’economia globale più stabile, per promuovere l’equità tra i paesi e per migliorare la capacità dei paesi in via di sviluppo di perseguire i propri obiettivi, in particolare gli obiettivi di sviluppo sostenibile, stabile, equo e democratico? Sebbene sia difficile toccare tutte le sfaccettature di questa questione, possiamo discutere, o almeno toccare, alcune delle riforme centrali, tra cui, in particolare, le riforme della governance globale. [...]
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