Risulta curioso analizzare come prima e dopo Natale, in Italia, il finale di 2023 abbia visto una querelle politica maggiore sulla riforma del Mes bocciata dal governo Meloni piuttosto che sulla ben più grande, strategica, strutturale partita del Patto di Stabilità. Una partita che l’esecutivo italiano ha giocato di rimessa, in maniera quasi remissiva, provando a tener in sospeso l’idea che bastasse paventare la bocciatura del Mes per spuntare concessioni.
Ipotesi, questa, naufragata di fronte all’accelerazione della trattativa franco-tedesca che ha chiuso la riforma del Patto di Stabilità e che, con l’apertura del 2024, andrà valutata in tutte le sue conseguenze politiche negative di fronte a tre scogli politici che permettono di ricordare come l’Europa sia, sostanzialmente, tornata austera. Primo punto: si torna a parlare di percorsi stretti di riduzione del debito e contenimento del rapporto deficit/Pil, a tappe quadriennali o settennali, senza porre una discussione sullo smaltimento del debito pandemico che viene equiparato a una qualsiasi passività. [...]
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