C’è gran subbuglio, in Germania: il governo guidato dal Cancelliere Scholtz appare sempre più debole, mentre nei sondaggi cresce il consenso verso AfD, che ha annunciato di voler promuovere un referendum sulla uscita dall’Unione europea.
La Germania assiste, sbalordita ed incredula, alla conclusione del ciclo trentennale, iniziato nel 1993 con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, che estendeva all’intera Unione europea la sua costituzione economica, fondata sull’ordoliberismo e sul mercantilismo. Da una parte, con questo Trattato non erano più ammessi né privilegi per il debito pubblico, né manipolazioni della moneta e dei cambi valutari; dall’altra parte, la crescita economica doveva essere alimentata solo dalle esportazioni basate sul contenimento dei costi di produzione interni. Niente più politiche di spesa keynesiane, finanziate in disavanzo: i limiti del 3% al rapporto tra deficit e pil, e del 60% tra debito pubblico e pil, mettevano le manette ai bilanci pubblici. [...]
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