Donald Trump e Joe Biden si sono assicurati di fatto la nomination per i loro due partiti con le schiaccianti vittorie nelle primarie del Supermartedì del 5 marzo, come era del resto scontato dai sondaggi degli ultimi mesi.
Anche se mancano ancora, sul puro terreno dei numeri, le maggioranze matematiche dei Grandi Elettori necessari per la consacrazione delle due Convention estive di Milwaukee (Wisconsin) per il GOP in luglio e di Chicago (Illinois) per i DEM in agosto, i giochi sono fatti. L’America, grazie al meccanismo politico-istituzionale che conferisce alla fetta di elettori “militanti” che partecipano ai caucus e alle primarie la responsabilità di selezionare i due nomi che finiscono sulle schede elettorali, ha scelto la rivincita del voto del 2020. L’America dei sondaggi tra la popolazione in generale aveva espresso per tutto il 2023 la sua insoddisfazione per questo esito - Biden versus Trump - ma adesso si deve prendere atto della realtà. I tre quarti della gente può considerare il primo (81 anni) troppo vecchio e malandato per fare il presidente, e oltre la metà dei votanti può non aver mai dato al secondo (77 anni) una maggioranza assoluta di voti di fiducia da quando è sceso in campo nel 2015, neppure nel suo quadriennio alla Casa Bianca. [...]
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