La condanna, da parte di una giuria di Manhattan, dell’ex presidente Usa Donald Trump per 34 reati relativi alla falsificazione di documenti aziendali al fine di insabbiare la presunta relazione sessuale con la pornostar Stormy Daniels - risalente al 2006 - non ha avuto alcun effetto sull’elettorato. Esclusi i media mainstream e i giornaloni, in tanti- e non solo tra i repubblicani - ritengono questo caso estremamente debole e motivato politicamente poiché promosso da un procuratore distrettuale di chiara fede democratica, la cui campagna è stata finanziata da George Soros - Alvin Bragg - e portato in aula a Manhattan, in un enclave liberal dove è praticamente impossibile trovare un simpatizzante del tycoon o un repubblicano. Il 30 maggio, giorno dello storico verdetto, RealClearPolitics poneva il candidato repubblicano davanti a Joe Biden dello 0,8% in un ipotetico scontro diretto. Ora il suo vantaggio è addirittura aumentato al 1,1%. negli altri sondaggi - che includono anche i candidati minori - il vantaggio di Trump all’Rcp è sceso dal 2,2% del 30 maggio al 2,1% attuale. Nella media dei sondaggi di FiveThirtyEight, Trump è in vantaggio dell’1,4% nei confronti di Biden, in calo dello 0,3% rispetto al 30 maggio scorso. Ma c’è un altro aspetto da considerare in questa vicenda: il doppiopesismo giudiziario.
Christopher Steele è l’ex spia britannica che ha confezionato il controverso dossier sul Russiagate su commissione di Fusion Gps, del Washington Free Beacon, del Comitato nazionale democratico e della campagna di Hillary Clinton. Secondo alcuni documenti declassificati dal direttore dell’intelligence nazionale John Ratcliffe e consegnati ai senatori Gop Chuck Grassley e Ron Johnson nel 2021, la comunità d’intelligence e i principali funzionai dell’amministrazione Obama sapevano che il dossier sulla presunta collusione fra la Campagna di Trump e la Russia non era attendibile: eppure quell’inchiesta ha tenuto sotto scacco Donald Trump e la sua amministrazione per almeno tre anni. Il dossier è stato anche una prova fondamentale nella valutazione dell’Intelligence Community del gennaio 2017, secondo cui la Russia avrebbe condotto una "campagna di influenza" per "danneggiare l’eleggibilità di Clinton". [...]
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