Essere sportivi significa essere leali, trasparenti e (per gli organizzatori) indire competizioni dove la selezione dei partecipanti è fatta in base a criteri che non determinino una evidente sperequazione che possa falsare l’esito della competizione stessa.
D’altronde è noto che se prendiamo due atleti (poniamo il caso del salto in alto) uno femmina e l’altro maschio, la disparità nei risultati è auto eloquente (il record maschile è 2.45 mentre quello femminile è 2.10) e lo stesso dicasi per il martello, il giavellotto, i 100 metri e via di fila. Vi sembra che una evirazione o il cambiamento del nome su un documento di identità possano influire su questi risultati? Suvvia, siamo seri! Fuori la politica dallo sport. [...]
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