Il pasticciaccio di Guantanamo è, speriamo, l’ultimo degli atti di politica estera del governo Biden-Harris. Tutti esecrabili, a partire dallo sgombero dell’Afghanistan riconsegnato ai Talebani, con 13 soldati USA uccisi e miliardi di attrezzature militari abbandonate al nemico, la più ingloriosa ritirata dei marines dal tempo del Vietnam. Per passare poi alla “riapertura” all’intesa nucleare con l’Iran, con i miliardi sbloccati per la finzione di fermare la corsa di Teheran verso la sua bomba atomica.
Il pasticciaccio è l’accordo giudiziario del Pentagono, annunciato dieci giorni fa, con la “mente” dell’attentato alle Torri gemelle Khalid Sheick Mohammed (KSK). In base a questo, KSK si sarebbe dichiarato di lì a qualche giorno colpevole della morte di quasi 3mila persone in cambio della garanzia di non essere condannato all’esecuzione capitale, ma all’ergastolo. Le proteste delle famiglie delle vittime, e del leader repubblicano del Senato, hanno fermato questo scempio alla giustizia, costringendo il ministro della Difesa a fare marcia indietro: ha assunto lui la direzione del processo, che andrà avanti per almeno un altro anno. Non è più esclusa, ora, una condanna a morte: bisognava rimetterla sul tavolo come prospettiva, perché a 100 giorni dal voto la grazia a KSK suonava malissimo. [...]
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