Agosto, si sa, è generalmente il mese in cui il Governo ed il Parlamento approvano le soluzioni più dolorose per le tasche dei cittadini e quindi invise agli elettori. Lo scorso hanno si è tentato un contro trend con la “tassa sugli extra profitti delle banche”, strumento che si è poi materializzato in un pericoloso boomerang. Il nuovo record del debito pubblico a 2.948,512 mld di euro è solo uno dei campanelli di allarme alla vigilia di un rallentamento dell’economia europea e italiana. Al ritorno dalle vacanze, a settembre, sarà fondamentale capire se il fabbisogno dello stato sia congruamente diminuito ad agosto, come negli scorsi anni, per poi allungare da settembre a dicembre.
Negli anni post pandemia il trend è stato il seguente: nel 2021 luglio 79,218 e dicembre 106,572 (+34,5%), nel l’inflattivo 2022 a luglio 34,4 e dicembre 66,8 (+94%), lo scorso 2023 a luglio 79,11 e dicembre a 108,58 (+37,2%). A luglio 2024, considerando i dati provvisori del Mef, siamo a 93 mld che a fine anno, prendendo l’aumento più basso del 2021 a +34,5%, potrebbe arrivare a 125 mld! Sarebbe il secondo dato più alto di sempre, dopo quello del periodo covid. Il saldo del settore statale viene letto ed interpretato in modi differenti, anche se i valori sono simili, come evidenziato dal periodo 2008-2013. Berlusconi, dopo aver messo in essere giustamente politiche espansive post Lehman Brothers nel 2008-2009, ha iniziato il periodo di austerità dal 2009 al 2011, quando poi arrivò Monti e proseguì il trend in atto, poi il Governo Letta invece riportò il saldo a livelli più bassi di quelli dei Berlusconi del 2009, ma andava tutto bene perché lo spread era sceso. Il Governo Meloni ha avuto la fortuna di insidiarsi nel periodo di inflazione alta che è un bene per i debitori, infatti il 2022 ha chiuso solo a 66,8 di fabbisogno nell’anno solare. Ora però i nodi vengono al pettine, soprattutto quando non si cresce adeguatamente dopo aver investito tanto, sulla scia di un trend economico che porta ad un rallentamento o addirittura ad una recessione (l’importante che non sia una stagflazione!). [...]
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