Il crash record del 5 agosto con la discesa intraday maggiore di tutti i tempi in Giappone, ha generato ripercussioni a livello globale, a causa del “carry trade”. Lo scossone iniziale sul mercato americano si è sentito ma è stato subito riassorbito, lasciando però aperte ferite profonde sottotraccia, molto pericolose per il futuro. Analisti, economisti, giornalisti, asset manager hanno evocato il fatidico 19 ottobre 1987, quello del crash record. Il 5 agosto 2024 per alcuni aspetti non è stato un nuovo ’87 ma per altri ha registrato un nuovo record preoccupante, che pone ombre inquietanti sui futuri sell-off di mercato. Intanto un po’ di informazione e formazione corrette: il Vix nel 1987 non esisteva, c’era il Vxo.
Nel 1993, Cboe Global Markets, Incorporated® (Cboe®) ha introdotto la versione originale del Cboe Volatility Index® (VIX® Index), che inizialmente è stato progettato per misurare l’aspettativa del mercato di volatilità a 30 giorni implicita dai prezzi delle opzioni dell’indice S&P 100® (OEX® Index) at-the-money. Dieci anni dopo, nel 2003, Cboe insieme a Goldman Sachs, ha aggiornato l’indice VIX per riflettere un nuovo modo di misurare la volatilità prevista, che continua ad essere ampiamente utilizzato dai teorici finanziari, dai gestori del rischio e dai trader della volatilità. Il nuovo indice VIX si basa sull’indice S&P 500® (SPX®), l’indice principale per le azioni statunitensi, e stima la volatilità prevista aggregando i prezzi ponderati di put e call SPX su un’ampia gamma di prezzi di sciopero. La cronologia dei prezzi per l’indice di volatilità Cboe S&P 100 (VXO®) corrisponde ai valori della versione originale dell’indice VIX che è stata introdotta nel 1993. [...]
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