Nella visione concettuale della cultura della complessità c’è un limite entro il quale le questioni e le dinamiche sono ordinate in un modo non banale e tuttavia funzionale ed oltre il quale sfociano nel puro caos, nel disordine imprevedibile ed ingestibile. C’è poi una regione antecedente che è quella della semplicità, un luogo spesso “ideale” in cui le cose sono ben ordinate, precisabili, comprensibili e gestibili.
La questione israeliana quale si è proposta all’attenzione delle opinioni pubbliche dagli inizi dell’ottobre di un anno fa, è una questione complessa perché ha molte variabili di cui tenere conto e molti effetti e controeffetti delle relazioni tra queste variabili. A livello di discorso pubblico si è fatto e si sta facendo di tutto per rendere la questione incomprensibile di modo che i fatti non siamo interpretabili e giudicabili secondo ragione attinente. [...]
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