Il problema americano non è tanto il debito federale, che alla vigilia della Grande Crisi Finanziaria del 2008 era ancora al 63% del pil e che da allora è cresciuto in modo esponenziale, soprattutto in questi ultimi tre anni per via della crisi sanitaria e della spesa pubblica assistenziale e per investimenti che ha cercato di contrastare la flessione dei redditi e finanziare la ripresa, visto che nel secondo trimestre di quest’anno è arrivato al record storico di 34.831 miliardi di dollari, rispetto ad un pil nominale che dovrebbe arrivare 28.781 miliardi, superando il 121%: l’Italia ci convive da quarant’anni con questi livelli di debito.
Ed è questo ciò che sta accadendo, anche per un duplice paradosso: visto il rally delle Borse di New York, molto più dinamiche rispetto a quelle di tanti altri Paesi, il valore degli asset stranieri negli Usa sta aumentando molto più velocemente di quanto non si siano apprezzati i valori delle detenzioni americane all’estero. A questo va aggiunto l’apprezzamento del dollaro rispetto alle altre valute, che ha contribuito a sminuire il valore delle detenzioni americane all’estero mentre ha tenuto elevato quello delle detenzioni straniere in America. [...]
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