Il value investing, a lungo dato per morto o irrimediabilmente superato, sembra pronto a riemergere dalle ceneri. La recente notizia del pensionamento di Warren Buffett, il leggendario fondatore e presidente di Berkshire Hathaway, segna la fine di un’epoca ma anche l’inizio di una nuova fase per uno degli approcci più longevi della storia della finanza. In un mondo dominato dalla tecnologia, dall’indicizzazione passiva e da valutazioni stellari, il ritorno della strategia fondata sull’analisi fondamentale e sulla pazienza sembra sempre più plausibile — e forse necessario.
Negli ultimi quindici anni, il value investing ha vissuto una fase di declino. Dopo la crisi finanziaria globale del 2008, le condizioni macroeconomiche e monetarie hanno favorito l’ascesa delle cosiddette growth stock, ovvero titoli con forti prospettive di crescita futura ma valutazioni elevate nel presente. Le aziende tecnologiche, spesso caratterizzate da utili lontani nel tempo e modelli di business fortemente scalabili, sono state le principali beneficiarie dei tassi d’interesse prossimi allo zero. I grandi nomi — Apple, Microsoft, Amazon, Google, Nvidia, Tesla e Meta — noti anche come i "Magnifici Sette", hanno dominato l’indice S\&P 500, lasciando indietro sia le azioni value che le small cap. [...]
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