Nel cuore della crisi dell’eurozona del 2011, mentre l’Italia fronteggiava il rischio concreto di default e la BCE lottava per tenere unita la moneta unica, una parola straniera fece improvvisamente irruzione nel lessico comune e nel dibattito politico nazionale: spread.
Inteso come la differenza tra il rendimento dei titoli di Stato italiani a dieci anni (BTP) e i corrispettivi tedeschi (Bund), il termine diventò presto sinonimo di paura, incertezza e instabilità. Lo spread non era solo un indicatore finanziario: era diventato un simbolo della credibilità del Paese, un’unità di misura del rischio, e persino un’arma retorica usata da giornali e partiti. [...]
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