Molte delle persone più ricche del mondo detengono la loro ricchezza sotto forma di attività finanziarie, come le azioni di una società di successo. Quando si parla di plusvalenze, esiste una scelta tra una tassa sulla ricchezza, che cerca di stimare il valore di queste plusvalenze a prescindere dal fatto che le attività siano state vendute o meno, e una tassa sul reddito, che impone imposte sulle plusvalenze solo quando esse vengono vendute (o “realizzate”). Florian Scheuer sostiene il secondo approccio nel documento “Taxing capital, but right: Why realized gains, not asset values, should guide tax policy” (UBS Center Policy Brief 1, 2025).
Scheuer si concentra sul fatto che le variazioni nei prezzi delle azioni sono spesso strettamente collegate ai tassi di interesse. Dopo tutto, il prezzo di un’azione è determinato dal flusso futuro di profitti che si prevede l’azienda produrrà, ma il tasso di interesse determina il suo valore attuale, cioè quanto un investitore è disposto a pagare oggi per quei profitti futuri. Tassi di interesse più bassi tendono ad aumentare i prezzi delle azioni, perché i profitti futuri assumono un valore attuale maggiore; al contrario, tassi di interesse più alti spingono i prezzi verso il basso, perché i profitti futuri valgono di meno nel presente. Scheuer propone questo esempio: [...]
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