Mentre percorrevo il tragitto dalla stazione di Southfields per assistere al gioco fluido di Carlos Alcaraz lo scorso mese, ho visto striscioni su striscioni contro il progetto di ampliamento del sito di Wimbledon. La High Court ha poi autorizzato i lavori, ma il braccio di ferro con i residenti locali è costato all’All England Club anni di ritardi e ingenti somme. Non sorprende: chi beneficia dal blocco del progetto è identificabile fino al singolo nucleo familiare, e per questo ben organizzato. Chi invece potrebbe guadagnare da un Wimbledon più grande — con la possibilità di assistere dal vivo al tennis, di praticarlo o di ottenere un lavoro grazie all’indotto — è una massa diffusa e inconsapevole, sparsa per Londra e oltre.
Gli economisti definiscono poeticamente questo squilibrio come un problema di “benefici concentrati e costi diffusi”. In una competizione tra un piccolo gruppo con molto in gioco e una società più ampia in cui ognuno ha solo un interesse marginale, tende a prevalere il primo, almeno nelle democrazie liberali. È la stessa logica che rende difficilissimo costruire qualsiasi cosa nel Regno Unito e che probabilmente si cela dietro molte altre difficoltà del mondo moderno. [...]
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