C’è un attivismo disperato, a Bruxelles, un caotico fare e disfare con le priorità strategiche che cambiano di continuo. Siamo passati dal Trattato sul Fiscal Compact del 2011, che ha costretto le economie europee ad un lunghissimo periodo di rigore, col pareggio di bilancio messo addirittura in Costituzione, l’obbligo della riduzione del debito pubblico eccessivo e la necessità di contenere anche la crescita economica per evitare una accelerazione dei salari, ad una stagione in cui si chiede agli Stati di investire in modo straordinario nei settori più diversi, dalla transizione energetica allo sviluppo tecnologico, al riarmo.
E ci sono addirittura deroghe apposite per la spesa militare aggiuntiva, in deroga al deficit annuale, rispetto al quadro che disciplina le finanze pubbliche. Lo spesso Presidente Mario Draghi, che un po’ più di un anno fa aveva consegnato un Rapporto sulla Competitività europea in cui segnalava la necessità di intervenire con investimenti aggiuntivi consistenti per raggiungere gli obiettivi sfidanti che erano stati posti in campo energetico ed ambientale, ha dovuto riconoscere di recente che il contesto a cui si faceva riferimento non è più realistico. [...]
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