Nessun presidente prima di Donald Trump aveva mai avuto il suo nome tanto legato al dollaro, e in questo mese di novembre ha confermato il record con due - opposte per il loro valore simbolico e pratico - citazioni in cronaca. In ordine di tempo, la prima è la disposizione data alla zecca di non produrre più i centesimi (ne parleremo più avanti) e la seconda, di massima importanza, è la soddisfazione di aver fatto piovere sull’economia reale degli Stati Uniti un migliaio di miliardi da un singolo partner commerciale, l’Arabia Saudita.
In entrambe le notizie, il succo è che Trump ha l’ossessione dei soldi e, dice lui da quando è al potere, vuole farne guadagnare il massimo all’America. La via maestra, per lui, sono le tariffe alle importazioni dai paesi esteri. E che cosa sono i dazi, se non soldi che entrano? Il dibattito se siano una strategia sbagliata in quanto destinata a fare rialzare l’inflazione è aperto, and ci sono segnali in questa direzione, negativi per Trump. Vedremo se i critici delle tariffe, anche tra i Repubblicani, hanno torto o ragione. Ma, soprattutto, attendiamo, a breve, il verdetto della Corte Suprema che potrebbe dichiarare le tariffe incostituzionali. Sarebbe una debacle per il presidente, ma pure l’ennesima occasione per Trump di parlare al paese di dollari (persi, stavolta). [...]
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