Nella guerra in Ucraina, l’Italia sa che a fronte di un chiarissimo disimpegno militare diretto da parte dell’Amministrazione Trump, e di un impegno politico e strategico diretto e decisissimo da parte di Gran Bretagna, Francia e Germania, avrebbe il ruolo di ultima ruota del carro: mentre Londra e Parigi si fanno forti del rango di potenze nucleari, teoricamente capaci di estendere ad altri Paesi se non all’intera Europa la loro capacità di deterrenza, Berlino vanta un potenziale industriale e di disponibilità finanziarie senza pari.
Accodarsi non conviene: Roma gioca dunque un ruolo di sponda rispetto a Washington, che lo gradisce assai, ma nello stesso tempo non può abbandonare il sostegno politico a Kiev: sull’Italia pesa come un macigno la sindrome di Monaco, l’atteggiamento costruttivo assunto da parte di Mussolini nei confronti della Germania di Hitler ai tempi della invasione dei Sudeti, che lo vide promuovere nel ’38 quel Patto di Monaco che fu considerato da Winston Churchill un atto di imperdonabile codardia: non aver fermato subito le mire espansionistiche dei nazisti fu considerato una sorta di implicita accondiscendenza nei confronti di ulteriori avventurismi, come poi avvenne con l’occupazione di Danzica e successivamente di Parigi. [...]
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